2025年6月9日月曜日

パゾリーニ

 Premessa

In una intervista su Vie nuove Godard mi ha chiamato

<< burocrate ». Si è posto, Godard, il problema linguisti-

co della parola « burocrate »? No, ma evidentemente l'ha

implicato. Tutte le peripezie di questa parola, dalla base

del suo uso canonico (ministeri e affini), al luogo, analo-

go ma oltre la linea di demarcazione rivoluzionaria -,

dello stalinismo, il suo ritorno, sotto forma metaforica,

nelle autocritiche dei Partiti comunisti dopo il XX Con-

gresso, e la graduale rarefazione di tale uso (culminato

nel mondo culturale cecoslovacco, ma anche sovietico du-

rante gli anni ottimistici, kruscioviani), il rimbalzo, poi,

di tale parola in ambienti tout-court anticomunisti di si-

nistra, comprendente in un solo semantema << seniore >>,

sempre più metaforico, comunisti staliniani, comunisti

anti-staliniani, e comunisti mezzi e mezzi; e infine il suo

revival, in un luogo « misto », che comprende avanguar-

die e movimenti studenteschi, in cui « burocrate >> è de-

finizione denigratoria ugualmente in senso estetico e in

senso politico, ecc., ecc. Godard ha colto il «< significato >>

del << significante » burocrate, come un ornitologo che in-

filzi con l'ago un insetto al volo. Perché l'ha fatto, nei

miei confronti? Perché io mi occupo di linguistica e di

semiologia (male, da dilettante, come peraltro asseriscono

alcuni professori universitari, autori cronologicamente

dietro mia iniziativa di fumosi e illeggibili scritti di

semiologia del cinema, forse culturalmente esatti, ma sen-

za un'idea). Nel momento in cui mi occupo di linguistica

e di semiologia sono, per Godard, dunque, un rompisca-

tole. E quindi un burocrate. Perché l'università è buro-

-

13

cratica; perché l'accademia è burocratica; perché la spe-

cializzazione è burocratica; perché il lavoro è burocrati-

co. E Godard, temendo di essere mangiato da tutta que-

sta burocrazia, sospende ogni « distinguo » e si difende

in blocco dai rompiscatole. In cosa consiste, insomma,

l'evidente equivoco del mio dolce, umanissimo amico Go-

dard? Consiste nel credere ingenuamente che ogni lingui-

stica e ogni semiologia siano normative.

-

« >>

Ora, la norma, e la normatività, sono effettivamente

antropofaghe; bisogna effettivamente preservare, nei loro

confronti, la propria integrità fisica. Però - ed è questo

il punto ignoto a Godard

non è affatto vero che la

linguistica e la semiologia siano normative. Anzi, in real-

tà, in quanto scienze, non lo sono mai (lo diventano solo

nelle scuole o nelle accademie). La linguistica e la se-

miologia non sono che strumenti di descrizione interna,

e quindi di comprensione specializzata »> - cioè pro-

fonda dell'opera. (Perché ormai solo la specializza-

zione, gergale, può consentire la profondità.) Ora, il ci-

nema di Godard è un cinema specializzato proprio in

questo senso: ed ha contribuito a creare il cinema come

linguaggio che ha come oggetto se stesso =

gio. Solo che Godard, gergalmente, non lo sa. Ma ciò

metalinguag-

non significa niente e non esclude la realtà della cosa.

Godard ha un'idea mitica del cinema: e nel momento

in cui fa del << cinema sul cinema >> fa del << mito sul mi-

to », è vero. Tuttavia, a parte objecti, cioè da parte mia,

che lo studio, ciò non toglie che Godard, proprio col suo

cinema come metalinguaggio, faccia della semiologia

vivente » sul cinema.

«

E adesso rovescio la situazione. Godard dà del buro-

crate (del creatore di « norme >>) a me, che invece sono

un semplice (dilettante) analista, ricercatore oggettivo di

norme esistenti. Invece la realtà è che il « creatore >> di

norme (dunque il « burocrate ») è lui. Infatti, facendo del

cinema sul cinema, in ogni suo film, Godard ha istituito

necessariamente una serie di strumenti stilistici, formali

. grammaticali, onde attuare questa operazione

e...

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« me-

talinguistica >> di riflessione del cinema su se stesso. E

perché questo è avvenuto? Perché Godard è nel fondo

della sua natura un saggista (o, per meglio dire, un mo-

ralista tipico della cultura francese): l'incontro tra il ri-

cercatore linguistico inconsapevole (anzi, faziosamente

ostile a ogni forma di consapevolezza), e il moralista di

fondo, non poteva non far sì che l'invenzione di nuove

norme non fosse normativa. Il moralista è sempre precetti-

stico e, anche se in modo adorabile, terroristico. Le prove?

Ebbene, almeno metà del cinema nuovo in tutto il mondo

è godardiano, cioè obbedisce a delle regole, segue delle

norme, stabilite, sia pure senza intenzione normativa, da

Godard. In tutto il mondo, ripeto. Segno della sua im-

portanza, miracolosa: ma anche della sua « autorità ».

Da cui egli, uomo delizioso

fraterno e non paterno

-

-

- si difende anche con rabbia, ingenua.

In conclusione: tutti i film di Godard, com'è noto,

sono dei << contes philosophiques », il cui pensiero filo-

sofico è essenzialmente linguistico. Di conseguenza il pre-

sente libro è un libro completamente metaforico: e un

bravo studente universitario (non certamente allievo del

professor Garroni) potrebbe tradurlo, letteralmente tra-

durlo, in un manuale dove si spiegano, nel loro nascere

e nel loro definirsi, le condizioni mentali, prima, e poi

tecniche, attraverso cui si rende normativo il cinema co-

me metacinema.

Pier Paolo Pasolini

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